Pocco tempo fa mi è stato chiesto se architettura organica si può scrivere con la ‚O‘ maiuscola oppure no. Infatti una buona domanda, che attraversa l’intero dibattito sull’architettura moderna, almeno da quando Frank Lloyd Wright l’ha impiegata per connotare naturale la sua architettura. La parola ‚organico‘ nell’architettura secondo me non ha creato altro che molti scompigli e malintesi. Una definizione congruente di ‚architettura organica‘ che potrebbe placare l’inquieto che sucita un termine che vuole mettere in concorrenza l’artificiale con il naturale l’ha data lo stesso Wright. Aldilà di Wright bisogna però essere molto cauti e critici con l’espressione piuttosto emblematica di architettura organica, anche se applicata da grandi maestri come per esempio da Giovanni Michelucci e Bruno Zevi. Il problema è che in pratica basta che una forma non sia angolare per etichettarla organica e questo, secondo me, mira troppo corto. Più che di architettura organica parlerei di architettura scultorea. La formulazione si trova nel bel libro di Klaus-Jan Philipp ‚Das Buch der Architektur‘ dove appunto l’autore parla di „skulpturale Architektur“ quando esamina il Goetheanum di Erich Mendelsohn che da sempre è stato etichettato autore di un’architettura organica.
Nel dibattito sull’edilizia abitativa dell’INA-Casa per esempio si è pure parlato di ‚architettura organica‘ intesa come architettura omogenea, coerente, cioè parte di un organismo solo. Quindi intesa nel senso di Wright e non nel senso dell’APAO (Associazione per l’architettura organica) che si fece portavoce di una architettura presumibilmente organica in Italia. Utilizzare l’espressione ‚organico‘ nell’architettura anche se il costruire con materie morti non ha tanto di organico può avere senso se prevalentemente si segue l’idea Wrightiana, cioè pensando all’architettura organica come ad un’architettura chiusa in se, coerente e omogenea nella sua propria logica. Tutte le altre cose vanno denominate a secondo della forma. Quindi se si ha una forma organica deve essere una forma che deriva da un organismo oppure essere un organismo concreto, non astratto. Non basta fare delle curve e poi parlare di architettura organica. Esiste un architettura biomorfilogica che porta al formalismo e un’architettura biologica , quindi bisogna specificare se l’architettura è intesa nel senso formale, di tipo di quella di Santiago Calatrava, oppure nel senso concreto, come nella bioarchitecture che costruisce con organismi viventi, tipo alberi e fiori rampanti.
L’APAO si cimentò sulla categoria ‚organico‘ per contradistinguersi dal modernismo classico (Klassische Moderne) basato su forme angolari. Secondo me una cosa viene sempre a mancare quando si parla di architettura organica, infatti l’architettura non può essere mai organica nel senso stretto della parola, tranne la bioarchitecture. L’architettura di solito è fatta di materia morta. L’organico è un aiuto discorsivo per traspondere caratteri all’architettura che essa per propia natura non ha. Anche gli architetti dell’APAO hanno fatto questo, Zevi e molti altri dopo di loro, come per esempio Aldo Loris Rossi ecc. e tutt’oggi si continua a fare. Ma io ritengo che è un argomentazione sbagliata che non aiuta, è un argomentazione prevalentemente formale e non sostanziale. Zevi e compagnia usarono il termine per contradistinguersi, per questo ha funzionato abbastanza bene, ma avrebbero potuto scegliere anche un’altra categoria. Per caratterizzare architetture o scelte progettuali il termine infine non aiuta molto, forme organiche possono essere alquanto angolari che curvilinee, si trovano entrambe nella natura.
Nella storia delle tipologie dell’architettura l’impianto centrale delle chiese è un bel esempio. Funzionalmente dal punto di vista liturgico è una catastrofe, ma se ha altre funzioni come per esempio l’esaltazione di un’altura oppure la focalizzazione su qualcosa nell’interno dell’edificio può funzionare bene. Per quanto la forma è curvilinea s’intende a classificarla più naturale, ma non lo è. Forme curvilinee difficilmente si adattano alle esigenze umane, perché allora dire che forme angolari sono meno ‚organiche‘ che forme curvilinee che simulano una vicinanza alla natura più evidente, ma pur sempre sotto l’aspetto formale. In architettura la sostanza deve sempre prevalere sulla forma, quindi una organicità di funzione-costruzione-estetica-significato, più ché una organicità nel senso di forme naturali o presumibilmente naturali. Architettura è l’opposto, deve essere l’opposto della natura. Essa esiste nella dialettica con la natura come l’essere umano esiste in una dialettica con il suo contesto. Il termine ‚organico‘ non addice bene alla ’natura‘ trasformatrice e artificiale dell’architettura in quanto esponente di edilizia.
Comunque sarebbe necessario scrivere un manifesto che in primis sistemi le varie categorie di ‚organico‘ nella storia del dibattito sull’architettura e che in seconda si ponga contro l’abuso dello stesso termine ‚organicità‘ nell’architettura. Temo però che per il secondo punto è una lotta contro mulini a vento. Sia gli architetti stessi che i critici amano troppo il dualismo etichettatrice di organico-geometrico.